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Ustica

L’ Isola di Ustica è una Riserva Naturale Orientata terrestre dal 20 novembre 1997, e ancora prima dal 1986 una Area Marina Protetta, la prima in Italia ad essere istituita.

L’estensione totale della RNO è di 204,37 ettari di cui 120 in zona A e 84,37 in zona B (1 ettaro equivale a 10 mila metri quadrati).

L’ente gestore della riserva terrestre è la Città Metropolitana di Palermo e il Comune di Ustica.

L’Area Marina Protetta (AMP) si estende per 15.951 ettari, interessando circa 15 km di costa. L’AMP è divisa in tre zone di protezione: la Zona A di circa 60 ettari, zona di riserva integrale (no take zone), la Zona B di circa 8000 ettari, zona di riserva generale, e la Zona C di circa 8000, zona di riserva parziale. L’AMP di Ustica è anche un Sito di Interesse Comunitario (SIC) per il suo valore ambientale e la conservazione di habitat e specie marine di interesse comunitario (Direttiva Habitat 92/43/EEC del 2.05.1992).

L’AMP tutela la prateria di Posidonia ocenica e i suoi organismi tra cui il bivalve Pinna nobilis; una fauna ittica di grande biodiversità e tantissime specie protette, quali la tartaruga marina Caretta caretta, diversi cetacei (sopratutto tursiopi e stenelle). Inoltre l’AMP tutela il gambero rosa, Plesionika narval, come specie di interesse ambientale e risorsa per la pesca locale.

L’ente gestore dell’AMP è il Ministero dell’Ambiente e il Comune di Ustica.

La RNO

Alcune presenze floreali e faunistiche sono alla base della destinazione a riserva: la presenza di Limonium bocconei, specie endemica ad areale circoscritto ad Ustica, Favignana, Levanzo e al Palermitano; numerose entità della classe Crithmo-Limonietea conferiscono notevole interesse alle cenosi rupestri dell‘isola. Considerevoli sono gli aspetti di macchia a Lentisco, Sparzio, Alaterno ed Euphorbia dendroides, che tendono a riconquistare le pendici rimboschite.

Raggiungendo l’isola di Ustica si rimane meravigliati per la rigogliosa vegetazione e, soprattutto in primavera, per i colori dei fiori che spiccano su un suolo praticamente nero per la sua origine vulcanica. La riserva interessa quasi tutti i rilievi montuosi che sono stati rimboschiti sul versante nord. Più a valle i muretti a secco ed i terrazzamenti a striscia rilassano lo sguardo del visitatore già incantato dai colori del mare e dei suoi fondali.

L’isola, rinomata per le sue limpide acque e per l’ecosistema marino ancora intatto, può essere considerata come il relitto emerso di un allineamento di vulcani sottomarini, impostati lungo una faglia con direzione est-ovest e localizzati, a profondità superiori a 1.000 m, nella porzione meridionale del mar Tirreno. Testimonianze sommerse di questo allineamento vulcanico sono date dagli antichi crateri del Banco di Anchise (circa 25 km a ovest di Ustica) e dal Banco di Apollo (3 km ad ovest di Punta Spalmatore).

Da un punto di vista litologico, Ustica è costituita da rocce di natura vulcanica (in buona parte di genesi sub-marina), eccezione fatta per limitatissimi strati sedimentari di mare poco profondo affioranti in maniera discontinua lungo la costa. L’età delle rocce è da ricondurre al Quaternario.

L’area della riserva comprende, oltre ai resti dei due principali edifici vulcanici subaerei dell’isola, Monte Costa del Fallo e Monte Guardia dei Turchi, nonché due limitate zone costiere, rappresentate da Punta di Megna e Punta dello Spalmatore.

Monte Guardia dei Turchi, rilievo più alto dell’isola (248 m), doveva costituire il principale edificio vulcanico ed era dotato di un apparato molto complesso. Le tracce di due duomi di ristagno, ancora osservabili nella parte settentrionale della montagna, sembrano segnare la fine delle manifestazioni eruttive di questo centro. L’azione degli agenti atmosferici (il vento in particolar modo) e del mare, combinata con i fenomeni vulcano-tettonici, ha profondamente trasformato l’edificio vulcanico, di cui attualmente è molto difficile immaginare l’originaria struttura e morfologia.

La stessa considerazione vale per Monte Costa del Fallo, nel quale sono però tuttora riconoscibili due centri eruttivi e alla cui base, lungo il versante settentrionale e a Punta di Megna, si riscontrano numerosi dicchi, anche di grandi dimensioni, intersecanti la formazione tufitica di base, che probabilmente appartenevano ad un cono craterico periferico distrutto dall’azione erosiva del mare.

Al vulcano di Monte Costa del Fallo si devono pure i prodotti della formazione piroclastica delle Grotte del Lapillo che presentano la peculiarità di essere il solo deposito di composizione trachitica dell’isola, indice di una lunga stasi del magma nel condotto precedente l’eruzione.

Le grotte, cave utilizzate per l’estrazione di materiale ad uso edilizio, presentano pareti di natura prevalentemente cineritica bianco-grigiastra in cui si riscontrano grosse pomici e blocchi lavici di varie dimensioni, a dimostrazione di una violenta eruzione esplosiva. Lungo il tratto di strada che va da Punta Gavazzi a contrada Spalmatore, infine, in corrispondenza dell‘omonimo villaggio turistico, si osservano ammassi lavici compatti di grande spessore che presentano la particolare morfologia con fessurazione colonnare (o prismatica), dovuta a contrazioni per raffreddamento relativamente lento della lava. Altre singolarità interessanti sono costituite dai termini litologici subaerei della Formazione dello Spalmatore che rappresentano in assoluto l’ultimo episodio eruttivo dell’isola.

Anticamente Ustica fu abitata dai Fenici che la utilizzarono per i loro traffici marittimi. I greci le diedero il nome di Osteodes (ossario), a ricordo dei 6.000 Cartaginesi lasciativi morire d’inedia, metre i Romani in seguito la ribattezzarono con l’attuale nome di Ustum (bruciata) per le nere scogliere laviche che la ricoprono in parte.

La flora vascolare comprende 555 entità, costituite prevalentemente da elementi mediterranei a ciclo annuale, che rispecchiano fedelmente le particolari condizioni climatiche dell’isola, caratterizzate da temperature elevate, accompagnate da un lungo periodo di aridità (aprile-settembre) e da scarse precipitazioni atmosferiche; queste ultime non superano i 400 millimetri annui e sono distribuite soprattutto in autunno ed in inverno. I versanti settentrionali dei principali rilievi delle riserva ospitano diverse specie di muschi tra le quali particolare interesse rivestono la Riccia cavernosa e la Bryum dunense.

L’originario paesaggio vegetale dell’isola è stato notevolmente modificato dalle molteplici attività umane, esercitate fin da antica data, che hanno provocato una progressiva rarefazione degli aspetti di vegetazione naturale conservatasi, sotto forma di lembi relitti, soltanto nelle zone più impervie e meno accessibili.

Le vegetazione spontanea è costituita su larghi tratti da praterie steppiche che risultano particolarmente espressive lungo le pendici meridionali e orientali di Monte Guardia dei Turchi e Monte Costa del Fallo, al margine dei rimboschimenti, sulle rupi costiere soleggiate e in generale negli incolti aridi. Queste comunità erbacee sono espresse prevalentemente dal Barboncino mediterraneo, graminacea perenne cespitosa, a cui si associano, oltre a piante della stessa famiglia come il Lino delle fate annuale, il Paléo annuale, il Grano delle formiche ed il Logliarello ruderale, diverse altre specie tra cui il Trifoglio stellato, il Ginestrino commestibile ed il Radicchio pallottolino.

Specie caratteristiche di questa vegetazione sono lo Scorpiurius o lngrassapecore che trae il nome dalla curiosa conformazione del legume simile al postaddome di uno scorpione con la ghiandola velenifera terminale, e il Vilucchio rosa del Mediterraneo che a primavera fa sfoggio dei suoi splendidi e delicati fiori rosei, portati da lunghi peduncoli, le cui grandi corolle imbutiformi si chiudono sul far della sera.

La vegetazione delle rupi costiere, sottoposta frequentemente all’azione degli spruzzi carichi di salsedine, è costituita da specie tipicamente alofile alle quali se ne associano altre meno specializzate. Oltre al Limonio di Boccone, specie endemica con areale circoscritto ad Ustica, Favignana, Levanzo, Monte Cofano ed a poche località del palermitano, si rinvengono il Finocchio marino, il Ginestrino delle scogliere, l’Erba franca, l‘endemica Camomilla costiera e il Senecione costiero, rara composita presente anche in Sardegna e Corsica.

In alcuni ambiti è possibile notare qualche individuo di Erba cristallina stretta e di Erba cristallina comune, piante erbacee con foglie carnose in grado di accumulare notevoli quantità di acqua nei loro tessuti, quale riserva a difesa dell’aridità dell’ambiente in cui vivono. Molto caratteristiche in questo contesto sono anche le piante di Cappero, inconfondibili per via dei lunghi fusti sarmentosi pendenti sulle pareti rocciose e portanti molti vistosi fiori bianchi o rosati con numerosi stami rosso-violacei.

Modesti lembi di macchia, ubicati per lo più sui terreni più ingrati e con rocciosità affiorante, forniscono una testimonianza della vegetazione che in passato esprimeva una parte significativa della copertura vegetale dell’isola. La persistente e forte azione antropica, ravvisabile nei ripetuti incendi, nei tagli e nel sovra-pascolamento, ha provocato nel tempo la rarefazione delle tipiche sclerofille mediterranee a vantaggio dello Sparzio villoso che forma popolamenti intricati e poco accessibili. Soltanto sulle pendici settentrionali di Monte Guardia dei Turchi e in poche altre località è possibile notare una discreta presenza di Lentisco e di Ginestra comune, oltre a diversi cespugli di Euforbia arborescente dalla caratteristica ramificazione dicotomica e regolarissima forma emisferica.

I lineamenti del paesaggio di una vasta area della zona A della riserva, anticamente occupati dalla macchia-foresta mediterranea, sono stati modificati dai rimboschimenti eseguiti prevalentemente con l’impiego di specie estranee al locale contesto vegetazionale: oltre al Pino d‘Aleppo, infatti, si riscontrano la Robinia e alcune specie di Eucalipto.

Se si escludono gli uccelli migratori, che in alcuni periodi dell’anno (primavera ed autunno) risultano particolarmente abbondanti, pochi sono gli animali terrestri che vivono ad Ustica.

Nell’arco di questi ultimi cento anni ammontano a circa 180 le specie di uccelli che sono passate, anche se alcune non sono state più osservate in questi ultimi venti anni ed altre fanno di quest’isola uno dei rari luoghi siciliani di presenza occasionale. E questo il caso del Tordo dorato, dello Zigolo testa aranciata, della Silvia di Ruppell, del Pigliamosche pettirosso ed anche del Chiurlottello, considerato una fra le specie più a rischio di estinzione in quanto la popolazione vivente nel mondo è stimata in soli 100 individui.

Di rilievo è la migrazione delle beccacce e sorprendente quella dei tordi bottacci che in autunno passano numerosi lasciando l’Europa per andare a svernare in Africa. Durante l‘inverno sostano lungo la costa anche numerosi Cormorani e più raramente anche qualche esemplare di Airone cenerino.

Le specie più comuni che invece si possono osservare all’interno della riserva sono l’Occhiocotto, il Cardellino, che solamente da pochi anni ha colonizzato quest‘isola, e la Cornacchia grigia. Questo corvide, diffuso in tutta la regione, non è presente in nessuna isola attorno alla Sicilia, tranne che a Favignana ed a Ustica dove ha raggiunto una popolazione di parecchi individui. Una storia infinita sembra essere quella relativa alla presenza del Passero ad Ustica tanto da continuare ad essere oggi oggetto di studi specifici. La presenza di questo uccello in questo ambiente non è stata regolare, ma anzi sembra si siano alternate colonizzazioni da parte di popolazioni provenienti dalla penisola italiana appartenenti alla Passera d’Italia e dalla Sicilia con la Passera sarda. La specie oggi presente è riconducibile per alcune caratteristiche del piumaggio a quella «italiana». 

Molto frequente è il Coniglio selvatico avvantaggiato nella sua diffusione dall’abbandono di terreni che fino a non molto tempo fa erano intensamente coltivati.

Due sono le specie di rettili che si rinvengono sull’isola, il Biacco e la Lucertola campestre, mentre il Rospo smeraldino è l’unico Anfibio presente.

L’entomofauna, particolarmente ricca, è oggetto di studio sin dal secolo scorso con specifiche ricerche svolte da insigni naturalisti. Fra le specie endemiche più interessanti si ricorda l’Ectobius usticaensis, appartenente all’ordine Blattaria, il cui nome ne dimostra la sua specificità territoriale e la Sclerogibba crassifemorata, piccolo imenottero dalla biologia molto particolare, individuato e descritto nel secolo scorso e mai più ritrovato.

Scarica l’opuscolo dell’ente gestore: Provincia_brochure_RNO_Ustica_PRO2

L’AMP

La Riserva Marina di Ustica (oggi AMP Isola di Ustica) è stata istituita nel 1987 per preservare e proteggere l’immenso patrimonio faunistico che si cela nei fondali dell’isola, stimati tra i più belli del Mediterraneo.

Ambienti dove non bisogna essere dei provetti subacquei per ammirarne i segreti, infatti chi non ha dimestichezza con le immersioni non dovrà per questo rinunciare ad osservare con meraviglia la vita sottomarina, poiché anche dalla superficie, attrezzandosi solamente di maschera e boccaglio, si potranno fare interessanti osservazioni.

Ad Ustica infatti, appena sotto la superficie s’incontrano branchi di saraghi, occhiate, castagnole, e gruppi di salpe che pascolano tra le alghe mentre coloratissime donzelle pavonine fuggono vivaci tra le rocce. Se poi scrutiamo con attenzione le zone della scogliera più riparate dalla luce, si potranno riconoscere i rossi Re di triglie (Apogon imberbis), spugne dalle mille tonalità, mentre le scogliere appaiono ricoperte dalle arancioni colonie del madreporario Astroides calycularis.

Volgendo poi lo sguardo più in profondità, tra le rocce e le praterie di Posidonia oceanica potremo avere la fortuna di vedere il guizzo veloce di qualche cernia o il muso curioso di una Murena (Muraena helena)
che attende immobile la sua preda. Chi invece proprio non vuole entrare in acqua, può comunque ammirare lo spettacolo offerto dal mondo sottomarino di Ustica partecipando alle escursioni organizzate con la motobarca con fondo trasparente che permette ampie vedute dei fondali sottostanti. Per garantire una maggiore tutela dell’ambiente marino e per renderlo più fruibile turisticamente la Riserva Marina di Ustica è stata divisa in tre zone diverse:

La zona “A”, di riserva integrale, si sviluppa da Punta Spalmatore fino a Punta di Megna, per un’estensione in mare di 350 metri, coprendo una superficie complessiva di 60 ettari. Qui sono vietati ogni forma di pesca, la navigazione, l’accesso e la sosta con natanti di qualsiasi tipo e comunque ogni attività che può arrecare danno alla fauna. La balneazione è consentita soltanto nei due punti estremi della zona “A” la Caletta e la Cala Sidoti, due baie che si possono raggiungere anche da terra.

La zona “B”, di riserva generale, si estende invece da Punta Cavazzi sino a Punta Omo Morto, ed interessa quasi tutta la parte settentrionale di Ustica, per una distanza di tre miglia dalla costa. Qui sono permesse la subacquea, la pesca sportiva esercitata unicamente con lenze da fermo o da traino, mentre la pesca professionale è consentita solo su autorizzazione del Comune. Ai subacquei è vietata invece qualsiasi forma di pesca o prelievo, siano essi muniti o no di autorespiratore.

La zona “C” di riserva parziale, comprende il settore meridionale dell’isola da Punta Omo Morto fino a Punta Gavazzi; qui è consentita la pesca professionale previa autorizzazione del Comune, ed è inoltre ammessa qualsiasi forma di pesca sportiva, anche subacquea, sempre svolta nei limiti previsti dalla legge.

Ustica èp servita da un servizio navale da Palermo con mezzi veloci (aliscafi) e comodi traghetti.

Info: www.libertylines.it 

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