Nel corso di una battuta di caccia nella prateria tra Levanzo e Favignana un gruppo di esseri umani si avvicina con circospezione ad un cervo che si abbevera ignaro in un piccolo specchio d’acqua. Improvvisamente uno stormo di uccelli si alza in volo; il cervo scappa bruscamente nella direzione opposta, spicca un salto e schiva fortunosamente le frecce allontanandosi. Questa volta la sorte è stata favorevole al cervo, anche se i cacciatori avranno occasione di riprovarci.
Si sarebbe potuta concludere così, circa 12.000 anni fa, una scena di caccia che un osservatore avrebbe potuto scrutare dall’alto di quello che oggi è il Monte Santa Caterina sull’isola di Favignana; magari per riprodurla più tardi in forma artistica, attraverso incisioni e pitture rupestri, simili a quelle raffigurate nella Grotta del Genovese a Levanzo.
La Sicilia in quel periodo si preparava ad uscire dal lungo inverno glaciale, durato circa 60.000 anni, che aveva ricoperto con una spessa coltre di ghiaccio interi continenti, abbassando il livello del mare fino a circa 120-130 m sotto Il livello attuale. Favignana e Levanzo, allora raggiungibili a piedi, erano un’appendice della Sicilia, mentre in lontananza Marettimo emergeva, maestosa e solitaria, dal mare.
Bisogna ancora aspettare qualche migliaio di anni prima che il mare, a seguito del riscaldamento globale e del successivo diffuso scioglimento dei ghiacciai, raggiunga il livello attuale circondando Levanzo e Favignana.
E così già circa 8.000 anni fa banchi di tonni, anch’essi rappresentati nella Grotta del Genovese, spinti dall’inarrestabile moto delle correnti provenienti dalle bocche di Gibilterra, si muovevano veloci, senza sforzo apparente, nel canale tra Favignana e Levanzo, nuotando sopra imponenti foreste costituite da piante e alghe marine che intanto colonizzavano i fondali poco profondi dell’arcipelago, modellandoli e contribuendo alla costruzione di un paesaggio sommerso unico ed inimitabile.
Favignana, Levanzo e Marettimo, protese ad ovest verso il mare aperto, rappresentano oggi l’avamposto dei rilievi calcarei della Sicilia occidentale e, insieme agli isolotti di Formica e Maraone, formano per estensione il secondo gruppo di isole minori siciliane.
Marettimo
Citata nell’antichità da Polibio come Hierà Nèsos (l’Isola Sacra), chiamata Maritima dai romani e successivamente Malitimah dagli Arabi, l’isola di Marettimo, scoscesa e selvaggia, è la più distante dalla costa siciliana. C
on la vetta del Pizzo Falcone, che raggiunge quasi 700 m, è la più alta dell’intero arcipelago delle Egadi. La costa esposta a ponente strapiomba a picco sul mare con falesie alte e imponenti, contro le quali frangono le onde che qui scaricano l’energia accumulata dopo aver viaggiato per centinaia di chilometri senza trovare alcun ostacolo.
Alla base della falesia calcarea piccole calette, bagnate da acque turchesi e trasparenti, interrompono la continuità del profilo costiero e si alternano a grotte carsiche dai nomi evocativi (Bombarda, Perciata, Presepio, etc.), dove si aggira la Foca Monaca e nidifica regolarmente uno dei più misteriosi uccelli marini, l’Uccello delle Tempeste.
L’interno è percorso da sentieri e mulattiere perfettamente curati e segnalati, che mostrano l’aspetto meno conosciuto dell’isola. Inerpicandosi in ripidi pendii, in una spianata a circa 250 m di quota, appare in località “Case Romane” un edificio militare che si racconta sia stato realizzato come faro da Sesto Pompeo nel 36 a.C. Nelle vicinanze, probabilmente al riparo dalle incursioni dei pirati, è stata eretta dai monaci Basiliani in età normanna (XI-XII secolo) una chiesetta bizantina.
La salita fino alla vetta di Pizzo Falcone continua per circa 2 ore, attraverso ripidi pendii, fitti boschi e profumi intensi di timo, origano e rosmarino, diffusi da improvvise e gradevoli folate di brezza marina. In vetta, da una serie di creste erbose, si domina il paesaggio circostante.
Il colpo d’occhio è assolutamente unico: volgendo lo sguardo più in basso, il promontorio di Punta Troia a nord e Punta Bassana a sud, immersi in un mare dalle mille tonalità, segnano i limiti della costa orientale dell’isola. Qui si concentrano le abitazioni dell’unico centro abitato, il porticciolo dei pescatori e l’approdo degli aliscafi. Guardando in direzione della costa siciliana si riconoscono le sagome di Favignana e Levanzo e, nelle giornate limpide, si erge in lontananza monte Erice la cui vetta ospita, protetto da solide mura, l’omonimo e famoso borgo medievale.
Levanzo
Con una superficie di appena 6 kmq, Levanzo è la più piccola delle isole Egadi. Chiamata dai greci Phorbantia, probabilmente per l’abbondante quantità di erba, l’isola si sviluppa in lunghezza da Cala Dogana a Capo Grosso con un profilo costiero che ricorda una cuspide rivolta a nord. Una popolazione di circa 200 abitanti e la virtuale assenza di una rete viaria (una sola strada l’attraversa da nord a sud) ha consentito all’isola di mantenere la sua integrità ed una notevole bellezza paesaggistica. Cala Dogana a sud è una caletta dalle acque cristalline incorniciata dalle bianche case del centro abitato e in parte protetta dal piccolo molo del porticciolo. Verso ponente, oltre Punta Pesce, appare il Faraglione, uno scoglio roccioso luogo d’incontro e dimora di una chiassosa colonia di gabbiani. Ancora a nord la costa volge alta e selvaggia fino a Punta del Genovese, dove si affaccia la grotta omonima, uno dei più importanti siti archeologici d’Italia, con le sue incisioni risalenti all’ultima fase dell’era glaciale (circa 12.000 anni fa) e pitture rupestri più recenti. Successivamente la scogliera si incurva dopo Punta del Sorci aprendosi nella vasta insenatura di Cala Tramontana, ravvivata nei fianchi da cuscini di euforbia dalle tonalità cangianti, associati nella macchia bassa con cisto, timo ed elicriso.
Verso Capo Grosso, e oltre dopo averlo dopo averlo doppiato, la costa si presenta con alte falesie a picco sul mare di straordinaria suggestione e bellezza. Queste acque furono teatro nel 241 a.C. di un’epica battaglia tra le due superpotenze del mondo allora conosciuto, Romani e Cartaginesi. Lo scontro pose fine alla prima guerra punica, segnò il declino della potenza cartaginese, spianò la strada all’impero romano e probabilmente decise non solo le sorti del mondo di allora ma anche quelle dei secoli a venire. Testimonianze di questo evento bellico sono i numerosi reperti archeologici, come ceppi d’ancora in piombo e rostri di età romana, custoditi nei fondali circostanti Capo Grosso.
Formica e Maraone
Lungo la rotta che collega Levanzo a Trapani, dalle foreste sommerse di posidonia emergono due piccoli isolotti, Formica e Maraone, componenti di diritto dell’arcipelago delle Egadi. L’isolotto Maraone, completamente disabitato, è il più piccolo, mentre l’isolotto Formica è un fazzoletto di terra che è stato abitato nei secoli a partire dai Fenici. Sede di antichi edifici che ospitavano una vecchia tonnara ormai non più attiva, l’isolotto, di proprietà privata, ospita oggi anche un piccolo museo, un’antica chiesetta del ‘300, un castello spagnolo in fase di restauro e la comunità di recupero fondata da Padre Eligio.
Favignana
Favignana, la più grande delle isole Egadi, è una piattaforma calcarenitica interrotta nella parte centrale da una dorsale montuosa che con il Monte Santa Caterina supera di poco i 300 m di altezza. Una «farfalla sul mare» la definì, per la sua caratteristica forma, l’artista siciliano Salvatore Fiume in un famoso manifesto degli anni ‘70. Nota come Egusa dai latini per la cospicua presenza di capre, il nome attuale deriva dal Favonio, vento caldo che ne condiziona il clima mite.
Punta Sottile, la propaggine occidentale dell’isola, è presidiata da oltre 150 anni dall’omonimo faro che assolve, con i suoi 48 m di altezza e il suo particolare apparato illuminante, il compito di indicare la rotta non solo alle imbarcazioni e alle navi ma anche agli aeromobili. Proseguendo sul lato meridionale, la costa mostra un profilo caratterizzato da cale quasi circolari (Cala Rotonda e Cala Grande), insenature sabbiose (Marasolo, Calamoni, Burrone, Cala Azzurra) isolotti rocciosi (Preveto, Galera e Galeotta), riparo di colonie di gabbiani.
Punta Marsala a sud e Punta Calarossa a nord delimitano la costa orientale dell’isola e custodiscono un vero tesoro ambientale e naturalistico dai forti contrasti: Cala Bue Marino un toponimo che lascia intendere come in passato gli avvistamenti della foca monaca fossero frequenti in quest’area.
Le acque fresche e cristalline antistanti la scogliera, battuta da forti correnti, e gli splendidi fondali, ricoperti da praterie di posidonia e lenti sabbiose coralline, si manifestano in tutte le varianti del turchese.
Nel vicino entroterra le caratteristiche architetture delle cave di calcarenite (impropriamente chiamata “tufo”) testimoniano il duro lavoro e la fatica di generazioni di isolani. Il materiale, estratto e tagliato in cantuni (blocchi), era commercializzato in tutta la Sicilia e nell’Africa Settentrionale. Alcune cave dismesse sono state nel tempo utilizzate dagli abitanti dell’isola come orti e giardini ipogei di straordinaria bellezza, e sono anche state destinate in tempi recenti ad alberghi, alloggi e aree espositive. Ancora oggi comunque i blocchi di questa pietra duttile continuano a vivere in opere d’artigianato, plasmate dalla passione di artisti locali. La costa settentrionale dell’isola si apre con la spiaggia rocciosa di Cala Rossa, sicuramente la più bella delle Eaadi e meta preferita di turisti e di viaggiatori.
Superata Punta San Nicola si apre una profonda insenatura che ospita il centro abitato di Favignana. Ad ovest si erge la scogliera alta e scoscesa di Punta Faraglione immersa nelle acque dello stretto canale che la separano da Levanzo.
Lo sfruttamento delle cave e la tonnara per la pesca del tonno hanno rappresentato le principali realtà economiche e produttive dell’isola. Descritta per la prima volta circa 2.500 anni fa e praticata dai Fenici, dai Cartaginesi e dai Romani, è agli Arabi che gli abitanti dell’isola devono l’organizzazione e l’efficienza della tonnara, come pure le parole e i canti che per secoli hanno cadenzato il duro e faticoso lavoro dei tonnaroti nei momenti finali della mattanza. I Florio trasformarono alla fine del 1800 la tonnara di Favignana in una fiorente attività industriale.
Dal 2007 la tonnara non è più attiva. Gli antichi barconi neri e le ancore arrugginite non prenderanno, forse, mai più il mare, ma il ricordo storico e di tradizioni continua visitando lo straordinario edificio dello Stabilimento Florio, da poco restaurato e riadattato per esposizioni museali dedicate alla filiera del tonno.
L’Area Marina Protetta
L’ Area Marina Protetta Isole Egadi, istituita CON D.M. del 27 dicembre 1991, comprende le isole di Favignana, Levanzo, Marettimo e gli isolotti di Formica e Maraone. Persegue le finalità della tutela e valorizzazione dell’ambiente marino, la ricerca scientifica, l’educazione ambientale e la promozione dello sviluppo sostenibile. Con 53.992 ha e 74 km di costa, è la riserva più grande d’Europa.
È suddivisa in quattro zone a differente livello di protezione.
La zona A di tutela integrale (2% della superficie totale) interessa il tratto di mare a ponente dell’Isola di Marettimo e lo specchio di mare che circonda Maraone. Vi sono consentite la balneazione e, previa autorizzazione, le visite guidate subacquee svolte dai centri di immersione residenti, la navigazione dei natanti dei residenti e le visite guidate a bordo delle unità navali degli operatori residenti.
La zona B di tutela generale (5% del totale) interessa il tratto di mare che circonda Punta Faraglione a Favignana, il lato ovest dell’Isola di Levanzo, lo specchio di mare che circonda l’isolotto di Formica e, a Marettimo, i due tratti di mare compresi tra P.ta Bassana e P.ta Libeccio e tra P.ta Mugnone e P.ta Troia. Vi sono consentite balneazione, libera navigazione a vela, remi, pedali o con propulsori elettrici, visite guidate subacquee svolte dai centri d’immersione residenti, immersioni subacquee previa autorizzazione. Sono anche consentite, previa autorizzazione, pesca ricreativa e pesca professionale artigianale, navigazione ancoraggio entro i 500 m dalla costa (a residenti ed equiparati), ormeggio alle unità a vela; oltre i 500 m è consentita la libera navigazione anche ai non residenti. Nella zona B di Marettimo entro i 500 m dalla costa sono autorizzate giornalmente alla navigazione e all’ancoraggio fino a 40 unità navali di proprietà di non residenti.
La zona C di tutela parziale (41% del total interessa i lati est di Levanzo e di Marettime tutta Favianana. Vi sono consentite balneazione, libera navigazione ed ancoraggio al di fuori dei fondali di interesse ambientale, visite guidate subacquee e, previa autorizzazione, immersioni individuali, ormeggio, pesca ricreativa (compreso prelievo dei ricci per i soli residenti) e piccola pesca professionale.
La zona D di protezione (52% del totale) comprende il restante tratto di mare tra le isole. Vi sono consentite, previa autorizzazione, anche le attività di pesca a strascico e a grande circuizione. In tutta l’area marina protetta è vietata la pesca subacquea in apnea e l’uso delle moto d’acqua.
I principali progetti realizzati dall’AMP
- Posizionamento di “dissuasori” antistrascico e ripopolanti, per ridurre lo strascico illegale sotto costa che danneggia i fondali;
- Istituzione di campi ormeggio, per evitare i danni ai fondali dovuti alle ancore delle barche da diporto, assicurando però la sosta nelle cale più belle:
- Progetto “Vedette del mare”, per il monitoraggio delle specie protette con il coinvolgimento dei pescatori locali;
- Marchio per la certificazione ambientale dei servizi turistici (ricettività, ristorazione, noleggio, visite guidate, trasporto passeggeri, pescaturismo, diving), già rilasciato ad oltre 50 operatori;
- Osservatorio Foca Monaca nel Castello di Punta Troia a Marettimo;
- Centro di primo soccorso per le tartarughe marine a Favignana;
- PON sicurezza per la videosorveglianza di tutto l’arcipelago;
- Progetti di ricerca e monitoraggio con ENEA, ISPRA e Università di Palermo;
- Informazione e prevenzione in mare, con 5 unità navali operanti tutti i giorni in estate;
- Guide dell’AMP sulle barche che effettuano trasporto passeggeri da e per le isole.
Per L’AMP lavorano in estate circa 35 persone, quasi tutti giovani laureati del posto o delle coste vicine.